SPORT – Il coach : uno strumento a servizio dell’allenatore

Maledettissimi coach !

Questa è la frase che sempre più spesso sento quando parlo con allenatori, preparatori atletici o direttori sportivi.

Purtroppo la percezione che il mondo dello sport ha di uno “Sport Coach” è distorta dai comportamenti non professionali, che alcune volte, diventano la “baseline” con la quale, chi fa questa attività, viene bollato. Dall’altra parte la cultura del coaching sportivo è relativamente nuova nel panorama italiano e quindi, lo scetticismo regna sovrano.

Come sempre non possiamo fare di tutta l’erba un fascio e per contro, non possiamo nemmeno pretendere che il mondo sportiva sappia nel dettaglio cosa fa uno “Sport Coach” quindi , prima di tutto chiarire che cosa è, e cosa non è un coach (e il coaching” in generale) e quali sono le regole del gioco, è la base di partenza per non incappare in situazioni che potrebbero venire mal interpretate.

Se da una parte chi fa coaching sportivo viene guardato un po’ di traverso, è vero anche che sport e coaching, è un connubio che sempre più spesso sta portando risultati eccellenti, sia per gli atleti che per gli allenatori o per le società sportive in genere, a patto che vengano rispettate dalle parti in questione, alcune semplici regole di base, che sono fondamentali per lo svolgimento di una attività in sinergia, volta al miglioramento delle performance di un team.

Ho sentito frasi de tipo : “…un mental coach ? Per fare cosa ? I nostri atleti non hanno problemi mentali !”

Ok. Fermiamo il nastro e ricominciamo da capo.

Prima di tutto facciamo un po’ di ordine e chiariamo una volta per tutte che cosa NON E’ IL COACHING.

Il Coaching, non è psicoterapia, non è counseling e non è consulenza.

Il Coaching invece, è un servizio professionale esercitato in diversi ambiti e consiste in un metodo di sviluppo dei singoli, dei gruppi e delle organizzazioni, basato sul riconoscimento, la valorizzazione e l’allenamento delle potenzialità di un sistema, per il raggiungimento di obiettivi definiti dal cliente (atleta/allenatore/squadra/società) e con l’eventuale committente.

Il processo di partnership tra coach e coachee è basato su una relazione di reciproca fiducia. Le modalità di azione del coach nei confronti del coachee, sono volte ad un percorso che, facilitando il miglioramento e la valorizzazione delle competenze, ha come finalità il potenziamento delle risorse e della relativa percezione legata alle capacità intrinseche del soggetto, di raggiungere determinate performance e risultati.

Nel caso specifico di un lavoro su una squadra, il coach agisce in stretta collaborazione con l’allenatore, definendo con lui, tempi e modi di esecuzione per l’attività per cui è stato chiamato in causa.

Quindi, il coach :

  1. Mantiene una posizione neutra rispetto al contesto e ai ruoli dell’organizzazione entro cui opera
  2. Rispetta i ruoli, tempi e spazi entro i quali il “sistema” opera
  3. Diventa strumento dell’allenatore nel “leggere” determinati eventi legati alla comunicazione
  4. Agisce sempre in conformità a quanto definito con allenatore e società
  5. Evita tassativamente di prendere iniziative personali
  6. Non parlare di tecnica e/o di tattica e non esprime pareri o giudizi in merito 

Su quest’ultimo punto voglio sottolineare alcune cose importanti :

Il coach non fa l’allenatore, non fa il direttore sportivo, non suggerisce la formazione e sopratutto  non esprime giudizi o pareri tecnico/tattici.

Se la domanda lecita che vi fate adesso è : “Che cosa me ne faccio di uno Sport Coach ?” pensate a come potrebbe migliorare la vostra comunicazione all’interno del team sfruttando le competenze di chi ha strumenti mirati ad aumentare le performance degli atleti.

 

E’ solo uno spunto di riflessione, ma vale la pena fermasi un attimo e porci sopra l’attenzione.

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